Stephen King abbandona Facebook. Lo scrittore 72enne statunitense, “Re del brivido”, ha annunciato l’abbandono al social network di Zuckerberg con un post su…Twitter! Invitando i suoi followers a seguirlo da lcosì. King ha avanzato perplessità sul “fiume di false informazioni” consentite nelle pubblicità di stampo politico, e ha confessato di sentirsi insicuro nella capacità del social di proteggere i dati personali dei propri utenti. Di seguito il messaggio in lingua originale dello scrittore.
I’m quitting Facebook. Not comfortable with the flood of false information that’s allowed in its political advertising, nor am I confident in its ability to protect its users’ privacy. Follow me (and Molly, aka The Thing of Evil) on Twitter, if you like.
” Stephen King (@StephenKing) February 1, 2020
King abbandona Facebook: ecco perché
Di sicuro è una brutta botta per la reputazione di Facebook. Che magari farà a meno a cuor leggero di un nome importante come quello di Stephen King. Ma che fa riemergere ai massimi livelli il dibattito sulla sicurezza del social network. La CNN spiega che il riferimento riguarda il rinnovo della posizione dei vertici dell’azienda Facebook Inc. che hanno da poco annunciato che si continuerà a non fare fact-checking sulle dichiarazioni dei politici contenute nei loro post a pagamento. Inoltre è stata confermata anche la possibilità dell’utilizzo del microtargeting, e sarebbe a dire l’uso di alcuni dati personali per rendere particolarmente dettagliate le pubblicità da dirigere agli utenti.
Stephen King contro Trump: i precedenti
In base a quanto detto, l’abbandono di King a Facebook alla vigilia della nuova campagna elettorale presidenziale americana, suona negli Stati Uniti come un nuovo allontanamento dello scrittore dalla figura di Donald Trump. Che King ha sempre criticato aspramente. Sono molti i riferimenti nella sua letteratura recente che vengono presi ad esempio come critiche all’attuale amministrazione statunitense. King in passato ha definito l’operato di Trump come “più spaventoso” dei suoi stessi romanzi, e ha dichiarato che “la realtà a volte supera la finzione” a proposito delle foto dei bambini immigrati chiusi nelle gabbie paragonati a quanto succede nel suo romanzo “The Institutee”.