Trialometani, questo il nome che raggruppa una famiglia di sostanze chimiche quali: cloroformio, bromodiclorometano, bromoformio e dibromoclorometano, tutte presenti nel semplicissimo scorrere dell’ acqua del rubinetto delle nostre abitazioni.
DAL NOSTRO NETWORK
In una ricerca effettuata in 26 Paesi dell’ Unione europea dal Institute for Global Healt di Barcellona ha dimostrato che la correlazione tra l’uso di acqua corrente e l’insorgenza del tumore alla vescica, rappresenta un fattore di rischio riscontrato in 6.500 casi all’anno e 2.900 di questi casi potrebbero essere scongiurati se solo i Paesi europei si attenessero ai limiti,anche perché queste cifre coprono il 5% dei casi di patologie alla vescica con la presenza di 100 microgrammi per litro in nove Paesi, Italia compresa.
Cipro detiene lo scettro della capitale con più alta concentrazione, mentre la Danimarca arriva a sfiorare il 6% di sostanze ogni 100 microgrammi; questa ricerca, afferma il coautore Manolis Kogevinas è portata avanti da oltre vent’anni ed ancora molto ci sarebbe da fare per ottimizzare il trattamento delle acque, poiché i fattori di rischio di cancro alla vescica sono ancora un campanello d’allarme
In Italia si sono registrati valori medi di percentuali di 3,1 microgrammi per litro che tradotto in numeri sono circa 335 casi su quasi 30.000/anno, una situazione decisamente positiva
Quindi ci viene da pensare che proprio per un eccesso di disinfezione delle acque, queste dopo il trattamento risulterebbero si cristalline e potabili, ma troppo contaminate dai prodotti utilizzati per renderle bevibili. Ok, procediamo! Un boomerang quindi, come afferma il Dott.Sergio Bracarda, direttore dell’Oncologia medica dell’Azienda ospedaliera Santa Maria di Terni esperto in tumori del tratto urinario. Questo tipo di tumore alla vescica associato alle sostanze chimiche contenute nell’acqua fa seguire un altro fattore strettamente associato alla medesima patologia: il fumo delle sigarette.